Le infezioni intestinali in senso lato sono una patologia molto diffusa e frequente. S’intende definire con questo termine una vasta gamma di condizioni patologiche, che va dall’intossicazione alimentare e dalla così detta diarrea del viaggiatore a patologie molto più gravi e complesse, come l’infezione nosocomiale da Clostridium Difficile e le parassitosi. Show
Le infezioni propriamente dette sono quelle dovute a batteri ed a virus . Quelle dovute a diverse forme patogene, note con il nome di parassiti , si definiscono infestazioni intestinali. Le infezioni intestinali sono dovute a virus, batteri o tossine batteriche. Le infestazioni più diffuse nel nostro Continente sono quelle dovute a protozoi ed elminti. Le infezioni virali più frequenti sono le così dette “influenze intestinali” e quelle dovute ai Rotavirus ed al Norwalk virus sono le più diffuse. Esse sono forme acute ed autolimitantesi. Le infezioni intestinali batteriche sono prevalentemente mediate dalle tossine batteriche. Raramente hanno un meccanismo da invasione mucosa, con danno anatomico diretto. Le parassitosi sono le infezioni da endoparassiti. Quelle più diffuse nel nostro Continente sono quelle da Protozoi, organismi unicellulari, come la Giardia e l’Ameba, e da Elminti, organismi pluricellulari, come i Nematodi, i Cestodi ed i Trematodi, e si definiscono più propriamente infestazioni. Le infezioni nosocomiali sono un problema della Sanità pubblica e sono legate spesso all’uso di antibiotici. Le più temibili sono quelle dovute al batterio Clostridium Difficile, che hanno un meccanismo mediato da enterotossine. Infezioni intestinali da virusLe infezioni intestinali da virus rivestono una sempre crescente importanza, soprattutto nei Paesi Industrializzati. Negli Stati Uniti d’America sono il 30-40% di tutti i casi di diarree infettive. Esse vengono definite “influenza intestinale”, stando ad indicare un’infiammazione, indotta dal virus, che colpisce il tubo digerente e prevalentemente lo stomaco e l’ intestino tenue. È più corretto definirle gastro-enteriti virali. I virus hanno un’azione diretta sulle cellule epiteliali della mucosa intestinale, alterano i villi e le cripte e determinano dolori e diarrea. Le forme più frequenti di infezioni intestinali da virus sono quelle da Rotavirus (tipo A,B,C), che colpiscono prevalentemente l’infanzia e l’adolescenza. Sono a trasmissione oro-fecale ed interessano dapprima il duodeno e poi si estendono all’ ileo , determinando la distruzione dei microvilli, con conseguente riduzione della superficie assorbente e della produzione degli enzimi, deputati alla digestione ed al successivo adsorbimento dei nutrienti, generando una sintomatologia prevalentemente diarroica.
Il quadro patologico è per lo più autolimitantesi, necessitando di una semplice terapia di supporto, reidratante ed anti-flogistica, con restitutio ad integrum nell’arco di 3-5 giorni. Influenza intestinale da rotavirusFrequenti
responsabili dell’influenza intestinale sono, come detto, i rotavirus, così chiamati perché sono a forma di ruota. Il 95% dei bambini ne sono colpiti entro i tre anni di età, mentre nel periodo neonatale sono protetti dagli anticorpi materni, le igG, trasmesse per via placentare e le IgA assunte con il latte. Influenza intestinale da virus NorwalkQuesto virus è così chiamato per il nome della città dell’Ohio dove è stato riconosciuto, dopo un’epidemia. Il Norwalk virus è responsabile, insieme a virus similari, di quasi la metà delle epidemie di gastroenterite acuta che si verificano in luoghi affollati; diversamente dai rotavirus, gli episodi infettivi non hanno predilezioni per i mesi freddi dell’anno, ma hanno luogo tutto l’anno. Il contagio avviene tramite l’acqua potabile ed alimenti crudi come ortaggi e mitili. La sintomatologia è simile a quella da rotavirus e la durata di malattia è inferiore. La terapia è solo sintomatica e di supporto. Influenza intestinale da adenovirusAnche gli adenovirus
causano la così detta influenza intestinale. Gli adenovirus maggiormente diffusi sono i sierotipi 1 e 7. I sierotipi 2, 3, 5, 40, 41 sono responsabili di sindromi gastrointestinali. Infezioni intestinali battericheLe infezioni intestinali causate da batteri hanno prevalentemente un’azione mediata da enterotossine. Lo schema fisiopatologico della diarrea mediata da enterotossine ha come prototipo
l’infezione da Vibrio Cholerae. Dopo l’ingestione del vibrione, il paziente ha un’incubazione di 24-72 ore. Il batterio inizia la produzione di tre tipi di tossine: la tossina A, che determina l’attivazione dell’enzima adenil-ciclasi, con aumento del cAMP intracellulare ed azione secretoria diretta; la tossina B, con le sue 5 subunità, che si legano al recettore gangliosidico (GM1), posto sulla membrana basale dei microvilli; e la così detta Tossina della Zona Occludente Nelle infezioni intestinali con invasione diretta della mucosa può esservi anche associata la produzione di enterotossina batterica. I più comuni ceppi batterici, che invadono la mucosa, sono: la Shigella, che ha un’incubazione di 2-3 giorni, una durata variabile di malattia, con sintomi di cefalea, dolori addominali, febbre, tenesmo rettale e diarrea acquosa. La Salmonella che può trovarsi nelle uova, nel pollame e nel latte, ha numerosi sierotipi differenti, ha un’incubazione variabile da poche ore a 4 giorni, una durata di malattia variabile, con sintomi che vanno dalla semplice enterocolite acuta con febbre alla forma tifoide con batteriemia nel caso della Salmonella Typhi. Il Campylobacter Jejuni, che si trova nelle carni crude e nel latte, ha un’incubazione di 2-10 giorni con sintomi simil-influenzali con sintomatologia diarroica, prolungata sino ad oltre sette giorni. La Yersinia Enterocolitica, che può trovarsi anche nei vegetali non ben cotti, presenta una diarrea sanguinolenta con pus e può perdurare sino a dieci giorni. L’Escherichia Coli, che si trova negli alimenti crudi, dà diarrea , vomito e tenesmo e dura dai cinque ai dieci giorni. Il meccanismo di questi batteri ad azione diretta consiste nell’adesione all’epitelio con disgregazione e danno dei microvilli, invasione della mucosa con liberazione di sostanze proteiche quali l’“adesina” e l’“invasina”, che inducono le cellule intestinali a fagocitare i microorganismi, i quali liberano nell’enterocita le citotossine che uccidono la cellula. Questi micro-organismi agiscono anche con la traslocazione, cioè la penetrazione attraverso la lamina propria, con induzione di risposta infiammatoria acuta locale, successiva penetrazione nel sistema linfatico e poi in circolo dei batteri stessi, fino alla batteriemia. Diarrea del viaggiatoreViene così definita quella diarrea che colpisce persone provenienti da Paesi
Industrializzati che visitano Paesi in via di sviluppo. È frequente fino al 30% di incidenza, è dovuta ad ingestione di acqua non imbottigliata o all’assunzione di cibi contaminati. La percentuale di rischio varia da Paese a Paese, ma altri fattori determinanti sono la stagione, le modalità del viaggio e dell’alloggio, l’età dei viaggiatori, la dieta. Il Campylobacter Jejuni è responsabile nei Paesi Asiatici, i Virus (Rotavirus e Norwalk) hanno una discreta incidenza (10%) mentre il 20-50% dei casi hanno un’etiologia mista. Nel 20% dei casi il patageno non viene identificato ed anche i Protozoi possone essere responsabili (Giardia Lamblia, Entamoeba Histolytica, Cryptosporidium Parvum, Blastocystis Hominis), raramente gli Elminti. SintomiI sintomi sono il meteorismo, l’astenia, i crampi, la nausea, la febbre, il dolore addominale, l’anoressia, la cefalea, i brividi, le rachialgie, le vertigini, il vomito, il malessere, le artralgie. TerapiaLa terapia consiste nella reidratazione orale, con ripristino dell’equilibrio elettrolitico. Specie nei lattanti e nei neonati occorre ridurre la disidratazione, lo squilibrio elettrolitico e l’alterazione dell’equilibrio acido-base. Clostridium difficileIl Clostridium difficile è un batterio diffuso in natura e presente come saprofita nel tratto intestinale degli animali domestici e dell’uomo. Il termine saprofita (dal greco sapros marcio e phyton pianta) indica quegli organismi che si nutrono di materia organica ed in fase di decomposizione. È una definizione che, come dice la sua etimologia, si riferisce al regno vegetale, per cui è impropria per i batteri, ma viene tuttavia utilizzata. Il termine, nella sua accezione corrente, indica un micro-organismo, che non è patogeno, anzi vive in simbiosi con l’organismo umano, dove è presente in oltre il 3 % dei soggetti sani e fino al 70% dei bimbi al di sotto di un anno di vita. Esso diventa patogeno in condizioni particolari. In questi casi si hanno le coliti da Clostridium difficile, che sono frequenti nei soggetti immuno-compromessi o debilitati per prolungate terapie antibiotiche.Queste terapie alterano la flora microbica del colon e consentono al Clostridium difficile di colonizzare nell’ intestino. Il rischio aumenta in caso di terapia antibiotica combinata e protratta. L’infezione da Clostridium difficile è di origine nosocomiale ed i pazienti più colpiti sono gli anziani ricoverati negli Ospedali. SintomiIl Clostridium difficile causa una colite grave, chiamata pseudomembranosa, dove è presente necrosi tissutale estesa, che inizia nel retto e del sigma e si diffonde al resto del colon. Anzi, talora è riscontrabile solo nella parte “alta” del colon , motivo per il quale la diagnosi prevede
la colonscopia totale, che va eseguita con prudenza, e non la sola rettoscopia. Il sintomo costante è la diarrea profusa. A causare la morte delle cellule intestinali sono le enterotossine del Clostridium Difficile. Naturalmente ci sono forme gravi e forme meno gravi, così che il quadro istologico varia da una forma
definita di tipo I, dove è presente infiltrato cellulare infiammatorio e la necrosi tissutale è modesta, ad una forma di tipo III con necrosi diffusa, ulcerazioni ricoperte da membrane grigiastre, costituite da secrezione di muco, fibrina, globuli bianchi e dedriti cellulari. Queste pseudomembrane danno il nome a questo tipo di colite detta pseudo-membranosa. È una forma molto grave ad esito spesso infausto. Attualmente sono in corso progetti per affrontare emergenze nosocomiali con l’innovativa
terapia del trapianto fecale, meglio definito come trapianto del microbiota. Contagio e TrattamentoLa trasmissione da un individuo ad un altro avviene per via oro-fecale, attraverso le mani portate alla bocca dopo il contatto con superfici ambientali contaminate o con un soggetto
infettato. La forma sporigena del batterio può sopravvivere per settimane o mesi sulle superfici non trattate. La strumentazione sanitaria contaminata può essere veicolo di trasmissione (termometri rettali, vasche da bagno, anoscopi). La risoluzione dell’infezione da Clostridium difficile presenta un’elevata percentuale di recidive, fino al 30%, che si manifestano, anche dopo una restitutio ad integrum completa, entro quattro-sei settimane dal termine della cura. Questa tendenza è molto ridotta in caso di trapianto di microbiota. Il trapianto fecale è efficace e sicuro; esso prevede il prelievo di feci da un donatore sano e l’infusione di quel campione, con tutti i batteri sani in esso contenuti, nell’ambiente omologo del paziente malato. Per le infezioni ricorrenti, il trapianto ha una percentuale di successo dell’85 per cento ed è efficace nel 55 per cento dei pazienti non responder ai trattamenti farmacologici tradizionali. Esso presenta scarsi effetti collaterali di breve durata. Non ci sono ancora linee guida definite su come scegliere i donatori ideali, su come preparare l’emulsione e somministrarla. Nella maggior parte dei casi si sono usate feci di un parente sano del paziente, dopo aver escluso la presenza d’infezioni, eseguendo l’esame delle feci e del sangue, come le sierodiagnosi e la ricerca di virus epatitici. Il campione di feci viene emulsionato in laboratorio e viene somministrato nel tratto gastroenterico superiore, attraverso un sondino naso-duodenale. La sospensione può anche essere instillata per clistere o attraverso il canale operatore del colonscopio, condotto sin oltre la valvola ileocecale. A volte occorrono vari giorni di trattamento, con clisteri ripetuti, ma la maggior parte dei pazienti guarisce dopo un solo clistere. Questi sono preparati e somministrati in ambiente ospedaliero ed i due metodi (sondino naso duodenale e clistere) possono essere eseguiti entrambi, per un miglior risultato. Regolari controlli ematici, endoscopici e fecali vanno programmati fino ad un anno dopo la procedura. Come capire se hai un'infezione intestinale?I sintomi tipici del virus intestinale, che in genere insorgono 2-3 giorni dopo il contagio e durano da 2 a 10 giorni, sono:. Diarrea acquosa.. Nausea.. Vomito.. Dolore addominale, spesso associato a crampi.. Mal di testa.. Dolori muscolari e articolari.. Perdita di peso.. Perdita di appetito.. Quanto può durare un'infezione batterica intestinale?Di solito i sintomi durano solo un giorno o due. Ma a volte possono persistere fino a 10 giorni. Poiché i sintomi di virus intestinale sono simili a quella batterica, è facile confondere la diarrea virale con la diarrea causata da batteri.
Cosa fare in caso di infezione intestinale?Preferire carboidrati complessi (come patate, riso, pasta, pane) e carni bianche e pesce ed evitare i prodotti integrali. Da evitare alimenti difficili da digerire, così come piatti grassi, troppo conditi, salati o speziati. Limitare le verdure fintanto che persiste la diarrea, soprattutto evitare quelle crude.
A cosa è dovuta l'infezione intestinale?Nella maggior parte dei casi l'essere umano contrae l'infezione mangiando alimenti contaminati, in particolare carni di maiale crude o non abbastanza cotte, nonché gelato e latte. I sintomi comuni sono febbre, dolore addominale e diarrea, spesso accompagnata da sangue.
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