Lo scrittore di un altare per la madre

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Lo scrittore di un altare per la madre

La bara della madre avanza ondeggiando tra i parenti, ma è naturale pensare a lei non morta ma viva. È difficile anche solo trovare una foto che dia sostanza al ricordo, una in cui il volto non sia in ombra né reso troppo astratto da un fazzoletto o in cui la madre non sembri che un’estranea fra le tante. Il fratello che zappa, il padre che raccoglie gatti moribondi e forse per la prima volta guarda verso il posto che lei occupava. Tutti sentono il dovere di riportarla in vita, se solo sapessero come fare. Intanto, come si usa da sempre, di chi è morto si parla in continuazione. Tornano alla mente la sua schiena curva, le mani larghe e tozze, i racconti di santi al focolare, il suo essere sempre pensierosa… Della madre viene a parlare anche uno straniero, un italiano di un paese vicino a cui lei aveva salvato la vita durante la guerra. Il padre cerca le fondamenta del rifugio, una costruzione pubblica che ora non c’è più. E decide che lì, dopo averla ricostruita, farà un altare, in tempo per la processione per le campagne. Un altare da costruire in una settimana, con il rame di tutti, nonostante la fatica, la febbre e il ginocchio che si gonfia, quello stesso ginocchio che un tempo lo aveva salvato dalla guerra. Un altare per riportare in vita la madre, perché il ricordo diventi sacro, di tutti, utile a qualcosa...

“La madre era morta, ma questo non era possibile”. Ferdinando Camon affronta l’esperienza del lutto più inaffrontabile in un epitaffio che è un testamento d’amore, per la madre e per il padre. In una nota del 1997 esplicita che il libro è stato scritto come un lasciapassare per l’aldilà: qualcosa da portare nella tomba come estremo conforto, obolo ed ex-voto. Alberto Moravia, che presentò il libro (poi vincitore) al Premio Strega del 1978, lo definì “tecnicamente dolce”. E il libro infatti è struggente senza essere patetico, senza mai voler a tutti i costi suscitare le lacrime, senza un’espressione di compatimento né ganci emotivi. L’immenso dolore si traduce in fatti e silenzi, le parole che li raccontano sono a loro volta i pezzi di un altare faticosamente costruito. I capitoli brevi, il continuo andirivieni dei pensieri, l’accostarsi di passato e presente, la puntuale descrizione di tutto come concreto e materiale, portano il lettore in prima persona di fronte allo svolgersi dei fatti e nell’esperienza della perdita. Di fronte a una madre si è sempre figli, anche da adulti, e di fronte al lutto si accostano con estrema coerenza i pensieri a-logici del bambino, che non può vedere la morte come definitiva, e quelli dell’adulto che ha ben chiare in mente le cose da fare. La vita contadina e la guerra sono raccontate senza abbellimenti e per quanto è necessario a dare forma al ricordo. Il senso della perdita ora è condiviso con gli altri, ora è interamente soggettivo e individuale. L’esperienza del lutto è qui un’esperienza reale, ripercorrerla è costruire il monumento, renderlo sacro, di tutti, utile a qualcosa.

Autori

  • Francesco Della Costa Post-doctoral Fellow The Hebrew University of Jerusalem (Faculty of Humanities - Department of Romance and Latin American Studies)

Abstract

In una prospettiva antropologica, che considera la scrittura letteraria come una pratica culturale, questo articolo intende mostrare un’analogia funzionale tra rito e romanzo. In particolare, esso analizza la corrispondenza tra la lamentazione funebre, come è stata osservata negli anni Cinquanta dall’antropologo E. De Martino in alcune aree dell’Italia meridionale, e il romanzo di Ferdinando Camon, Un altare per la madre(Premio Strega del 1978). La scrittura è considerata qui come una reazione culturale alla “crisi del cordoglio” che la morte della madre attiva nel sé dello scrittore; nel contesto culturale di Camon, la letteratura assume lo stesso significato che, nel contesto folklorico meridionale studiato da De Martino, la lamentazione assumeva per le donne in lutto. Entrambe le pratiche, anche se molto diverse in sé, operano una “destorificazione” del tempo e una metaforizzazione della realtà: hanno il potere, così, di trasformare la tragedia individuale della morte in un dramma (col doppio significato di evento doloroso e rappresentazione) universale, quindi di neturalizzarla e risolverla.

In an anthropological perspective, which considers literature as a cultural practice, this article aims to show the functional analogy between ritual and novel. In particular, it analyzes the correspondences between the mourning lamentation ritual, as it has been observed in the 1950s by the anthropologist E. De Martino within some rural areas of Southern Italy, and F. Camon’s novel, Un altare per la madre (Premio Strega 1978). Writing is considered as a reaction to the «crisi del cordoglio» (the mourning crisis) the death of his mother causes in the writer’s self; within Camon’s cultural context, literature assumes the same meaning which, in the southern folkloric context, lamentation assumed for mourning women. Both the practices, even though they are very different, operate a «destorificazione» (destorification) of time and a metaphorization of reality, which have the power to transform the individual tragedy of death into a universal drama (with the double meaning of painful event and representation) and thus to neutralize it and resolve it.

Biografia autore

Francesco Della Costa, Post-doctoral Fellow The Hebrew University of Jerusalem (Faculty of Humanities - Department of Romance and Latin American Studies)

Francesco Della Costa had a Master degree (cum laude) in “Discipline etnoantropologiche” at the University of Rome “La Sapienza”, then he carried out his PhD double degree in Cultural Anthropology at the University of Naples “l’Orientale” and at the École des Hautes Études en Sciences Sociales, in Paris. His research fields are anthropology of writing, anthropology of literature, autobiography, memory and ritual. Currently he is Post-Doctoral Student in Italian Studies at The Hebrew University of Jerusalem, where he is specifically working on autobiographical contents in Alberto Moravia’s novels. He is also Editor in Chief of Primapersona. Percorsi autobiografici, journal published by the Archivio Diaristico Nazionale, with which he collaborates since 2007.

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Come citare

Della Costa, F. (2016). Un altare per la madre: la lamentazione letteraria di Ferdinando Camon. Ticontre. Teoria Testo Traduzione, (5), 347–363. Recuperato da https://teseo.unitn.it/ticontre/article/view/1002