Come la pioggia e la neve isaia

Dal libro del profeta Isaia
Is 55,10-11 

Testo del brano
Così dice il Signore: «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata». 

Meditazione
Oggi ci arrivano solo due versetti di Isaia, ma quanta magnificenza in queste poche righe! Si intravede in esse tutta la potenza e tutta la maestà di Dio. La sua parola, infatti, è feconda, cioè produce frutto. Essa dà origine alla vita, basti ricordare il primo capitolo di Genesi: «Dio disse: “La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie”. E così avvenne» (Gn 1,11). Ma la parola di Dio non è solo generatrice, è anche azione efficace: quanto Dio dice si realizza. Così parla a Mosè dal roveto ardente: «E ho detto: Vi farò salire dalla umiliazione dell’Egitto verso la terra del Cananeo, dell’Ittita, dell’Amorreo, del Perizzita, dell’Eveo e del Gebuseo, verso una terra dove scorrono latte e miele» (Es 3,17). E in quella terra arriveranno gli ebrei dopo la traversata “pedagogica” del deserto. Infine, la parola di Dio è compimento. Non è priva di direzione o di obiettivi; anzi, persegue sempre uno scopo, chiama a una missione, ha in sé un mandato. Isaia lo sa bene e in pochi versetti riesce a racchiudere tutte queste verità di fede. E noi oggi? Quale parola ci viene data perché abbia effetto nella nostra vita e faccia crescere la nostra vocazione? Ci viene offerto suo figlio, Gesù, il Verbo incarnato, colui che è sceso sulla terra per portare la buona novella: se ci convertiremo al vangelo avremo la salvezza. Non è uno slogan, né un manifesto politico, nemmeno un vanto, bensì una promessa. E siccome è il Signore che la pronuncia, siamo certi che si realizzerà.

Come la pioggia e la neve isaia
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Come la pioggia e la neve isaia

Come la pioggia e la neve scendono dal cielo, e non vi ritornano senza averla irrigata, fecondata e fatta germogliare, per dare seme al seminatore e pane a chi mangia, così sarà della parola uscita dalla mia bocca. (Isaia  55,10-11)

         La parola ebraica majîm, “acqua”, risuona 580 volte nell’Antico Testamento, come l’equivalente greco hydôr ritorna 76 volte nel Nuovo Testamento (metà di esse nel solo Vangelo di Giovanni). Circa 1500 versetti dell’Antico e oltre 430 del Nuovo Testamento sono “intrisi” d’acqua perché – oltre ai vocaboli citati – c’è una vera e propria costellazione di realtà che ruotano attorno a questo elemento vitale, a partire dal mare che spesso ha connotati negativi, quasi fosse simbolo del caos che attenta al creato, passando attraverso le piogge (che in ebraico hanno nomi diversi secondo le stagioni), le sorgenti, i fiumi, i torrenti, i canali, i pozzi, le cisterne, la neve e così via.

         Si comprende, allora, perché l’acqua si trasformi in un emblema di Dio che in un Salmo “primaverile”, il 65, è celebrato come il supremo agricoltore che irriga le campagne col carro delle acque. Anche nella letteratura dei Cananei, gli indigeni della Terra Santa, si cantava «la pioggia effusa dal Cavaliere divino delle nubi versate dalle stelle», mentre il bacio fecondo del dio Baal faceva germogliare la vegetazione e il temporale era concepito come il suo orgasmo che donava alla terra arida e assetata il seme vitale della pioggia. A questa visione “panteistica” e materialista la Bibbia si oppone e vede nella «sorgente di acqua viva» (Geremia 2,13) solo un simbolo del Signore.

         Nel frammento che ora proponiamo – e che costituisce in pratica l’ultima pagina del cosiddetto Secondo Isaia (capp. 40-55), profeta anonimo del VI sec. a. C. la cui opera è entrata nel libro del grande Isaia (VIII sec. a. C.) – l’acqua, unita alla neve, diventa invece un segno della parola di Dio senza la quale l’esistenza umana si tramuta in un deserto sterile. Ciò che il profeta vuole marcare è soprattutto la fecondità e l’efficacia di questa parola, comparata al tipico processo naturale della pioggia, dell’evaporazione, delle nubi e della nuova pioggia. È un ciclo vitale che trasforma la nostra vicenda umana quasi in una parola divina capace, a sua volta, di rendere fertili altri ambiti della storia.

         Soprattutto si insiste sul vigore che ha in sé la parola di Dio: essa «non ritorna a me – dice il Signore – senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata». Come è evidente, l’immagine idrica trascolora e trapassa in quella di un messaggero celeste che ritorna dal suo Re dopo aver compiuto la sua missione. Lasciamo, però, questa suggestiva raffigurazione della rivelazione divina, fonte di vitalità spirituale, e ritorniamo alla più realistica pioggia da cui siamo partiti, che è anch’essa principio di vitalità ma fisica.

         Concluderemo, dunque, con un’invocazione delle Diciotto Benedizioni, testo capitale del culto giudaico: «Siano rugiada e pioggia come una benedizione su tutta la superficie della terra. Benedici i prodotti della terra perché ne goda il mondo intero e concedi benedizione, abbondanza e successo all’opera delle nostre mani!».