Se il narcisista non si fa sentire

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Se il narcisista non si fa sentire

Sono Greta,
sedotta, manipolata e suddita del mio compagno di vita. Sono stata svalutata, maltrattata e insultata senza sosta. Cosa ben più grave: gliel’ho permesso io, consegnandomi a lui. Adesso, penso di non avere nessun valore. Sto male da anni: non dormo, sono ingrassata, mi vedo e mi sento orribile. Conosco bene la causa del mio malessere profondo, ma non conosco l’antidoto.
Amo un narcisista, e lui, a modo suo, ama me.

Amare un narcisista: tra seduzione, manipolazione e antidoti

Amare un narcisista è come vivere sulle montagne russe, la serenità e la stabilità sono le grandi assenti della vita di coppia.
La coppia è asimmetrica e sperequata: un partner dominante e l’altro dominato; uno soffre e l’altro si nutre della sofferenza altrui; uno lascia e l’altro non si fa lasciare.
Quando scrivo di narcisismo, mi piace ricordare il Drago di Comodo, un animale carnivoro e cannibale, che quando non riesce ad arrivare subito alla sua preda, la stordisce con il suo veleno, aspetta pazientemente e strategicamente, e la farà sua da lì a breve quando sarà del tutto stordita.
In natura abbiamo i predatori crepuscolari, in amore i predatori e basta.
I primi sono gli animali che per necessità e per sopravvivenza predano al mattino presto o la sera tarda. Nella vita e tra i mille volti dell’amore abbiamo invece il predatore sociale: il narcisista patologico.

Il narcisista va a caccia di prede che incontra al crepuscolo del loro cuore, quando hanno una ferita che sanguina o vivono in uno stato di solitudine estrema e dilaniante.
Il narcisista è un vero e proprio predatore sociale, un vampiro dell’anima. Agisce con grande destrezza e scaltrezza, senza scrupoli, senza empatia e senza simpatia.

Queste, e tante altre, sono le frasi, spesso, ridondanti che un narcisista recita a copione al suo partner:
“Come te non c’è nessuno”
“Come amo te, nessuno mai”
“Ma quanto siamo simili”
“Ma quanto sei bella”
“Ti ho trovata tra mille”
“Sei la mia principessa, la mia regina”
“Ti aspettavo da una vita”
“Sei il primo pensiero della mia giornata e l’ultimo della serata”
“Ti amerò e proteggerò per sempre”.

Quante frasi vengono recitate a intermittenza, contribuendo a confondere e disorientare la preda.
Verranno, inoltre, alternate a subdole manipolazioni psichiche, a insulti, a svalutazione mista a protezione; in modo che la vittima predestinata abbia al contempo bisogno di lui e dubiti fortemente delle proprie capacità intellettive.
Un vero connubio letale e distruttivo.
Quando una donna (scrivo al femminile perché racchiudo i racconti delle donne che si rivolgono a me), durante il cammino della sua vita amorosa, incontra un narcisista non lo riconosce subito, ma lui riconosce lei.

Un narcisista si insinua in sordina nella vita della sua preda, la geolocalizza, la trova tra mille anime, la seduce, la lusinga recitando e millantando un amore mai provato prima, la blandisce con parole carezzevoli, e la cattura.
Osserva le sue mosse e le sue lacune.
Fatto ciò si insinuerà sotto pelle, instillandole il bisogno della sua presenza, facendole credere che lui, il suo lui, sarà il suo salvatore.
Colui che le restituirà la vita, e alla vita.
Colui che l’amerà nonostante le sue criticità e vulnerabilità.
Anzi, per esser più precisi, colui che la salverà dal suo passato, dalle sue ferite, dalla sua fame d’amore, dalla sua infanzia dolente.
Se la donna non fosse affamata, bisognosa e non abitasse la terra del bisogno, smaschererebbe il suo carnefice al primo sguardo.
Ed ecco che inizia l’avventura, o la disavventura.

La preda prescelta ed eletta a partner è emotivamente presente, disponibile fino all’inverosimile, generosa e in grado di un amore incondizionato. Nonostante tutto.
Trattasi di una persona che saprà rivisitare i propri confini interiori al fine di adattarli al rapporto di coppia, saprà nutrire la sua coppia, averne cura, reggere ai maltrattamenti e rileggerli con il timbro del: “per il suo bene”.
Sarà un partner che lavorerà per la sua coppia nel tentativo di aiutarla a crescere, depotenziando e svuotando se stesso di energie psichiche.

Dal prima al dopo

Fate attenzione a quanto tempo e spazio richiede questa storia d’amore. A quanto toglie più che dare.

Dopo un amore malsano, il famigerato balsamo del tempo che passa e che tutto guarisce, non è proprio così attuabile.
Le ferite che sono state inflitte dal non amore, dall’amore intermittente e disfunzionale sanguinano e sanguineranno a lungo, perché la preda avrà ancora bisogno del suo carnefice.
Avrà ancora bisogno di bere il suo sangue e la sua energia dall’amaro calice della sottomissione.
Non importa quanto sia durato il rapporto disfunzionale, quanto questa donna abbia fatto parte del parco giochi della non stabilità e linearità del cuore, dell’intensità dei sensi, quanto sia stata manipolata e sedotta, la terra del dopo sarà arida e impervia.
Il partner abusato e sofferente, vittima e protagonista del rapporto di coppia, dovrà imparare a bastare a se stesso, a emozionarsi in altro modo, a respirare da solo pur avendo avuto a lungo il respiratore artificiale.

Il percorso di guarigione sarà ancora più complesso di un’elaborazione del lutto ortodossa, perché il narcisista avrà indebolito talmente tanto la sua preda da non lasciarle più la possibilità di credere nelle sue possibilità di sopravvivenza senza di lui.
Il narcisista passa dalla seduzione alla manipolazione, e dalla manipolazione alla distruzione.
Adotta, infatti, svariate modalità di manipolazione e di distruzione psichica, emotiva e, di conseguenza, fisica della sua preda.
La preda prescelta può essere la sua donna, i suoi genitori, finanche i suoi figli. Manipola anch’essi e li rende prede e vittime, psicologicamente dipendenti, svuotati di energie psichiche, intrappolati in un conflitto perenne tra quello che sentono e quello che gli viene fatto credere.
Il narcisista indossa tante maschere, lo fa con grande maestria e bravura. Sa attendere, osserva, è uno stratega.
Agisce sul senso di colpa e sulla paura di poterlo perdere, millanta e cattura.

Il narcisista ha imparato sin da subito la sua strategia seduttiva: osserva, emula, imita con l’obiettivo di modellare la maschera, senza la quale verrebbe tagliato fuori da ogni possibile.
Il narcisista maligno si pone su un piedistallo e osserva gli altri da un punto di vista strategico, non li vede mai come suoi simili.
Sono degli oggetti da utilizzare a suo piacimento per nutrire le sue fragilità, lo farà per giorni, per mesi o, come spesso accade in amore, purtroppo, per sempre.
Le sue tecniche di manipolazione sono talmente attente e pertinenti che la sua preda non potrà vivere a lungo senza di lui.
Lui alternerà presenza e assenza. Parole e silenzio. Pieno e vuoto.
Nutrendo sempre di più la dipendenza affettiva del partner.

Il partner, in balia a queste intermittenze del cuore, sentirà la sua mancanza. Avrà bisogno, esattamente come un tossicodipendente, delle sue parole, delle sue presunte cure e attenzioni. Del suo essere utile e di quell’atipico abbraccio che, in realtà, è una galera.
Il partner del narcisista dovrà avere la costanza di abitare il silenzio, reggere alle manipolazioni e alle ambivalenze, e scappare a gambe levate appena può dal baratro in cui verte.
Quando metterà a fuoco – in una prima fase sarà tutto molto sfocato: non capirà, ma avrà la sensazione di iniziare a respirare e di poter vedere il cielo quando è senza di lui – le dinamiche del non amore, anche se ne sentirà la mancanza, dovrebbe assolutamente evitare di avere un contatto, anche telefonico o virtuale, con lui.
Perché, a ogni contatto, ci sarà una ricaduta. E ogni ricaduta sarà più dolorosa dell’esordio di “malattia”.
Un amore malato è un malanno da curare, non un sentimento da vivere.

Quando parliamo di narcisismo, è più corretto parlare di “relazione narcisistica”, perché non esisterebbe nessun narcisista senza la sua vittima, il suo palcoscenico, la sua cornice dorata. La vittima predestinata che per pregresse ferite d’infanzia si concede a lui e lo nutre per un tempo infinito.
La relazione narcisistica è mossa da dinamiche di possesso e di dominanza che nulla hanno a che vedere con il sentimento elitario dell’amore.
Il narcisista, infatti, ha bisogno di tornare ancora una volta e sempre dalla sua vittima perché bisognoso di nutrimento. Di potere. Di sapere che esiste con lei e per lei.
Ha necessità, come se fosse un bisogno fisico, di riconfermare il suo potere su di lei.

Modus operandi del ritorno del narcisista

Prima o poi, il narcisista torna. È solo questione di tempo, ma torna sempre sui suoi passi.
Può farlo dopo qualche giorno, perché sente lo strazio e la dipendenza affettiva della sua vittima. Lui sa che lei sta soffrendo, lo sente e lo vede. Si pone a distanza e non la perde mai di vista, anche quando lei pensa che lui sia altrove.
Può tornare dopo settimane, lasciandola nelle ambasce emotive ed esistenziali.
Lei non vive senza di lui, non respira, non esiste. Può anche tornare dopo mesi o addirittura anni dalla fine della loro relazione.
Il suo ritorno è più una minaccia che un premio. Più una tragedia che un’opportunità. Perché lui non cambia, e mai cambierà.
Esattamente come il drago di Komodo, paralizza la sua vittima, la stordisce, la lascia in attesa per attaccarla, portarla a sé, e inglobarla da lì a breve.
Le sue danze, tra avvicinamenti e abbandoni, tra seduzione e manipolazione, tra tradimenti e sparizioni creano un inevitabile danno alla psiche dell’ex, sino ad avere un effetto di paralisi certa sulla vita affettiva della vittima.

Il ritorno narcisistico viene confuso per ripensamento, pentimento, amore, nuovo inizio

La relazione narcisistica è formata da un narcisista e una persona, personalità, dipendente. Così, uno manipola e l’altro si fa manipolare. Uno scappa e l’altro aspetta. Uno torna e l’altro crede che sia amore e pentimento; finalmente, il tanto atteso cambiamento.
Tutto questo non avviene, e ogni ritorno è un manipolazione, un prosciugare la vittima di energie psichiche. La vittima funge da rifornimento di nutrimento altrui.
Le strategie dei ritorni ammantati da riparazione oscillano dal semplice sms esplorativo a un invito. Dal messaggio di fumo online, tra stati di whatsapp, immagini e parole mute, al corteggiamento serrato.

La vittima, dal canto suo, dal suo immobilismo e religiosa attesa ne sarà lusingata e crederà che questa sarà la volta buona.
Così, risponde alle lusinghe con empatia, devozione, lealtà. Progetti e promesse d’amore eterno. Insomma, torna a respirare. A vivere. Ad esistere.
Il ritorno del partner narcisista avviene senza grande sforzo, perché la sua vittima è lì, pietrificata in indiscussa attesa del suo Messia.
Lui verifica la sua identità, lei lo rassicura. Lui rinforza il suo dominio, lei si consegna a lui.
Se tutto questo non dovesse avere colpito (e affondato) nel segno, i messaggi e i messaggi di fumo proseguiranno senza sosta.
Frasi ambigue, manipolazioni, stati dalla dubbia interpretazione – la vittima si chiederà: ma sta parlando con me? di me? – email, chat, immagini e musica. Senza mai dimenticare i silenzi strategici. Ed ecco che nella terra delle illusioni e della confusione nasce la speranza, accelera il battito cardiaco. Rinasce l’amore che si pensava si fosse affievolito o estinto.

La vittima, che in cuor suo non ha mai smesso di pensare a lui, reagisce con sottomissione e gratitudine. Lieta e grata di essere stata scelta ancora e ancora una volta.
Talvolta, tra un attacco e un altro, la preda va in terapia.
In quel luogo sicuro e accogliente dove le parole sono carezze e i silenzi ascoltano. Quel luogo che attiva un cambiamento, dopo il quale la manipolazione narcisistica attecchisce di meno, o comunque, fa meno male ed è dalla più immediata lettura.
La preda, in cuor suo, sa bene che ogni ritorno non porta nulla di buono, e non è un nuovo inizio.
Sa anche che il partner non cambierà mai. Che lei starà male ancora una volta, ma non riesce a rinunciare a lui, e a sé stessa tra le sue braccia o dentro la sua mente.
La strategia del “nessun contatto” di cui parlano in tanti, clinici inclusi, non è attuabile se la vittima, che fa parte della “coppia” disfunzionale, non decide di andare in consultazione prima, e in terapia dopo.

L’antidoto e la convalescenza

Durante le prime fasi di separazione dal narcisista, la vittima si sente sollevata dalla chiusura della relazione tossica, trova un improvviso benessere dall’interruzione dei meccanismi patologici di tortura che ha subito fino a quel momento e che ha confuso per amore; avverte una riduzione dei sintomi di ansia.
Così, come la volpe che non riesce a raggiungere l’uva per mangiarla, dice che è aspra, il narcisista che sentirà il suo partner lontano, inizierà a insultarlo, a manipolarlo, a triangolarlo per sedurlo e riportarlo a sé.
Alternando, strategicamente, silenzio a presenza (anche se virtuale e mal celata).
Il rischio ricaduta è dietro l’angolo.

La preda, provata da così tanta sofferenza, si rifugia nel passato, ripassa con la fantasia e con la memoria quando privato, non regge la distanza e il silenzio.
Così, il narcisista, lascia la sua preda appesa a un filo invisibile.
A volte per sempre.
Legata, anzi, ammanettata al suo ricordo, in perenne attesa del suo possibile ritorno, pur di rivivere quell’intensità struggente del suo esserci nella sua vita, aspetta e spera.
L’ antidoto, senza mai dimenticare un aiuto psicologico, è evitare del tutto ogni forma di contatto, pena la ricaduta.
Chi ha amato un narcisista sa bene che le ricadute, con la stessa intensità e virulenza della prima volta, possono manifestarsi anche dopo anni, perché il narcisista saprà riattivare il circuito perverso di tortura psichica e di dipendenza, di sottomissione e di protezione, di finto amore e di struggente desiderio, anche in silenzio e a distanza.
Il malessere verrà provato anche dopo una email, dopo un messaggio o una telefonata.
I mostri interni che hanno abitato a lungo dentro il parter sofferente verranno rivisitati all’istante, e la convalescenza tanto voluta e attuata, sparirà in un colpo solo, riportandolo al punto di partenza.

Cosa fare nel frattempo? In attesa che gli squarci cicatrizzino?
Prendersi cura si sé.
Trovare un hobby, un interesse, una passione dimenticata, che era stata sacrificata per non toglier spazio e tempo al legame malsano.
Chi ha la fortuna di avere un animale, cane, gatto, cavallo che sia, conosce bene il loro potere curativo e lenitivo.
Durante la convalescenza del cuore e del corpo, quindi: amici cari, un ascolto attento al proprio mondo interiore e alle proprie esigenze, tanto amore, l’amore di un animale, le carezze verbali di un buon libro, sport, viaggi e passioni, e un clinico che si faccia carico della sofferenza atroce che il dopo porta con sé.
La guarigione è faticosa, ma possibile.

Spezzone di una consulenza

Giorgia, il suo primo si e il suo secondo no

Ho conosciuto Giorgia lo scorso anno, dopo la sua separazione divenuta vedovanza. Giorgia mi consulta per mettere ordine tra le sue emozioni ormai fuse e confuse.
Giorgia è rimasta sposata per 25 anni, quando, avendo toccato con mano la sua infelicità e solitudine decide di separarsi, con tanta amarezza e forza.
Il tanto amato e unico figlio è ormai adulto, laureato, felicemente fidanzato e prossimo alle nozze. Lui ha la sua vita e lei, adesso, può pensare anche a sé stessa.
Adesso è giunto il momento di occuparsi dei suoi buchi del cuore e della sua cocente solitudine. Il marito era un uomo falsamente presente, concreto, sprovvisto di emozioni e capacità di cura. Non c’era nulla di eclatante che non andava ma non era né felice né triste. Condizione che alla lunga l’ha inchiodata al muro della più cocente solitudine del cuore.
Negli anni erano diventati soltanto genitori, smarrendo del tutto la dimensione desiderante dell’esistenza. Giorgia è una donna in carriera, appagata e passionale, autentica. Decide di separarsi pur volendo molto bene al marito, perché non è più felice della qualità di vita che conduce giorno dopo giorno: ha sviluppato una malattia auto-immune da infelicità cronica.
Dopo aver preso questa decisione, il marito ha un incidente e muore sul colpo. Giorgia entra in crisi. Non capisce più se quello che ha fatto è stato giusto o sbagliato. Viene corrosa dai sensi di colpa; il figlio la rimprovera in maniera tacita di avere a causato la morte del padre. Della sua infelicità e malattia non se ne occupa nessuno.
Giorgia si rende conto di non poter andare avanti da sola e mi consulta. La incontro in studio per la prima volta in settembre di due anni addietro: è una donna austera e luminosa, coerente e preoccupata, coraggiosa e spaventata. Iniziamo un cammino insieme per mettere ordine all’interno di questo disordine emozionale, fatto di rimpianti e di rimorsi, nel tentativo di restituirle il legame con il figlio: la sua priorità del cuore.
Passano gli anni, esattamente due, e Giorgia rimane da sola: separata nel cuore ma vedova per il sociale. Giorgia aveva ben chiaro dentro di sé che la morte del marito, del tutto accidentale, non lo avrebbe riportato ad essere marito soltanto perché deceduto.
Nel tempo, le amiche di sempre tentano di farle conoscere vari possibili nuovi compagni di vita, ma lei rimane refrattaria a ogni possibile emozione o innamoramento. Non le piace nessun uomo, li trova banali, sprovvisti di fascino, la sua sessualità si è sopita. Lavora e basta. Ama i suoi cani, le sue piante e i suoi libri.
L’anno successivo, Giorgia, per puro caso, incontra un uomo.
Il marcato ritardo del suo volo da Roma a Catania diventa Cupido, e si fa galeotto. Quest’uomo misterioso, più grande di lei, con voce pacata e rassicurante, le fa compagnia durante il ritardo. Parlano, parlano, parlano, parlano. Lei aveva dimenticato cosa significasse parlare e anche essere ascoltata. E tra una parola e l’altra lei, per la prima volta, si sente a casa tra le parole di un perfetto sconosciuto, che da lì in poi diventerà conosciuto. Inizia la loro frequentazione, ma quest’uomo vive tra Venezia e Roma. Si vedono una volta al mese, e appena possono l’uno scappa nella città dell’altro.
Si amano, si desiderano, si raccontano, si sopportano: che nulla ha a che vedere con la sopportazione di tipo matrimoniale. Giorgia finalmente si sente viva. Esiste come donna e non soltanto come madre e come moglie.
Decidono di vivere in due case e in due città. Lei non vuole lavare i suoi calzini, non vuole cucinare per lui, non vuole diventare la sua badante per la vecchiaia che verrà.
Giorgia viene attaccata dai familiari e dal figlio che la vorrebbe, invece, “sistemata”: nuovamente coniugata, imbrigliata in un reticolo di si deve.
Giorgia torna da me perché l’attacco del figlio, come sempre, la mette in crisi.
Ma questa volta lei è una donna nuova, innamorata, fiera. Non ha nessuna voglia di retrocedere e di ritornare nella palude dei suoi passati passi per accontentare gli altri.
Ha già cucinato, lavato i piatti, accudito, steso i panni e fatto acrobazie tra lavoro e tutto, per assecondare dare i desideri di tutti a scapito del suo più profondo sentore. Ha già attraversato le domeniche infinite di solitudine e immobilismo del cuore. Ha già invitato suocera e mamma a domeniche alterne perché era giusto fare così. Ha già laureato un figlio e onorato due mutui. Si è già ammalata e ha pure dovuto subire la violenza degli immuno soppressori. Adesso basta, Giorgia vuole vivere come le pare.
Dopo due colloqui ci salutiamo: empatiche, felici per il lavoro fatto che nessuna manipolazione adesso le strappa via, con le idee chiarissime e il cuore spalancato.

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La newsletter di Valeria Randone

Quando il narcisista sta in silenzio?

Il silenzio come punizione Sparire e attuare il silenzio punitivo consente al Narcisista di controllare il partner che, indebolito e sofferente, è maggiormente manipolabile. In questo frattempo, è frequente che il Narcisista stia già cercando una nuova vittima con cui ricominciare il ciclo.

Quando il narcisista fa l'offeso?

Un narcisista in preda alla rabbia potrebbe insultare la vittima rispetto al suo aspetto fisico, il suo comportamento, la sua intelligenza, invalidando il suo diritto di avvalersi di un suo punto di vista. Gli insulti possono anche essere utilizzati per criticare le sue credenze, le opinioni e le sue valutazioni.

Perché il narcisista scompare?

Quando scartano la vittima spariscono, bloccano sui social, e solitamente lo fanno perchè sono stufi della relazione, o perchè la vittima si è ribellata alle manipolazioni e non fornisce piu nutrimento narcisistico.

Come farti mancare da un narcisista?

Un buon modo per punire e mandare in crisi un narcisista è sicuramente quello di “assentarsi” e sparire dalla sua vita, anche solo momentaneamente: l'indifferenza, come ben sappiamo, è un'arma che spesso funziona in modo indistinto ma nel suo caso è un'arma davvero molto potente ed il motivo è semplice: il narcisista, ...