Nel momento in cui muore il titolare di un conto corrente, la banca è tenuta a mantenere in vita il rapporto in attesa di liquidare a ciascun erede la rispettiva quota risultante dalla dichiarazione di successione. Tale adempimento, infatti, è condizione per poter dividere la giacenza.
In seguito alla notizia del decesso del proprio cliente e fino al momento di presentazione della dichiarazione di successione da parte degli eredi, la filiale blocca il conto, impedendo anche ai familiari
più stretti qualsiasi operazione (se non il prelievo per le spese funerarie).
In presenza invece di un conto corrente cointestato, cosa succede in caso di morte di un intestatario?
In tale ipotesi, il conto si divide in due unità ideali:
– una di proprietà del cointestatario superstite;
– l’altra che andrà in successione agli eredi.
Pertanto, la filiale dovrà consentire al cointestatario di prelevare i soldi di sua pertinenza che, come detto, sono pari al 50%
della giacenza. L’altra metà, invece, verrà bloccata in attesa delle pratiche di successione.
In buona sostanza, gli eredi dovranno presentare all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione di successione e poi esibirla alla banca. Sulla base delle quote di eredità ivi spettanti, la filiale liquiderà a ciascun erede la rispettiva quota.
Attenzione però. Ben potrebbe succedere – e anzi avviene spesso – che la cointestazione del conto sia una semplice simulazione. Il che avviene quando il
rapporto bancario è alimentato solo dai redditi di uno dei contitolari. Si pensi al conto su cui il marito riceve lo stipendio, cointestato anche alla moglie o a quello ove un anziano riceve la pensione, cointestato anche a suo figlio. In tali ipotesi, la cointestazione è solo fittizia, dettata da finalità diverse rispetto alla donazione (ad esempio facilità di gestione e logistica).
In
questi casi, quindi, alla morte dell’effettivo titolare del conto, il “finto” cointestatario non potrà avanzare pretese neanche sulla metà della giacenza e tutto il denaro ancora depositato in banca finirà in successione: ossia dovrà essere diviso tra tutti gli eredi secondo le note regole del Codice Civile.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 4838/2021 ha fatto proprio il seguente principio di diritto: “ […] ove il saldo attivo dei conto cointestato risulti discendente dal
versamento di somme di pertinenza di uno soltanto degli intestatari, si deve escludere che l’altro possa avanzare pretese sul saldo medesimo […]”.
Nel conto corrente bancario intestato a due o più persone, i rapporti interni tra correntisti non sono regolati dall’art. 1854 c.c. riguardante i rapporti con la banca, bensì
dall’art. 1298, 2 comma, c.c. in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, solo se non risulti diversamente.
Nel momento in cui muore il titolare di un conto corrente, la banca è tenuta a mantenere in vita il rapporto in attesa di liquidare a ciascun erede la rispettiva quota risultante dalla dichiarazione di successione. Tale adempimento, infatti, è condizione per poter dividere la giacenza.
In seguito alla notizia del decesso del proprio cliente e fino al momento di presentazione della dichiarazione di
successione da parte degli eredi, la filiale blocca il conto, impedendo anche ai familiari più stretti qualsiasi operazione (se non il prelievo per le spese funerarie).
In presenza invece di un conto corrente cointestato, cosa succede in caso di morte di un intestatario?
In tale ipotesi, il conto si divide in due unità ideali:
– una di proprietà del cointestatario superstite;
– l’altra che andrà in successione agli eredi.
Pertanto, la filiale dovrà consentire al
cointestatario di prelevare i soldi di sua pertinenza che, come detto, sono pari al 50% della giacenza. L’altra metà, invece, verrà bloccata in attesa delle pratiche di successione.
In buona sostanza, gli eredi dovranno presentare all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione di successione e poi esibirla alla banca. Sulla base delle quote di eredità ivi spettanti, la filiale liquiderà a ciascun erede la rispettiva quota.
Attenzione però. Ben potrebbe succedere – e anzi avviene spesso – che
la cointestazione del conto sia una semplice simulazione. Il che avviene quando il rapporto bancario è alimentato solo dai redditi di uno dei contitolari. Si pensi al conto su cui il marito riceve lo stipendio, cointestato anche alla moglie o a quello ove un anziano riceve la pensione, cointestato anche a suo figlio. In tali ipotesi, la cointestazione è solo fittizia, dettata da finalità diverse rispetto alla
donazione (ad esempio facilità di gestione e logistica).
In questi casi, quindi, alla morte dell’effettivo titolare del conto, il “finto” cointestatario non potrà avanzare pretese neanche sulla metà della giacenza e tutto il denaro ancora depositato in banca finirà in successione: ossia dovrà essere diviso tra tutti gli eredi secondo le note regole del Codice Civile.
La Corte di Cassazione
con la sentenza n. 4838/2021 ha fatto proprio il seguente principio di diritto: “ […] ove il saldo attivo dei conto cointestato risulti discendente dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto degli intestatari, si deve escludere che l’altro possa avanzare pretese sul saldo medesimo […]”.
Nel conto corrente bancario intestato a due o più persone, i rapporti interni tra correntisti non sono regolati
dall’art. 1854 c.c. riguardante i rapporti con la banca, bensì dall’art. 1298, 2 comma, c.c. in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, solo se non risulti diversamente.
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